
Molteplici possono essere le motivazioni e le cause che hanno contribuito a costruire un immaginario pubblico degli assistenti sociali, tanto distante dalla realtà, ma una ha senza dubbio inciso più delle altre: la mancanza di una dimensione narrativa della professione; la mancanza di storie, di miti, di personaggi e situazioni in cui riconoscersi e in cui gli altri possano riconoscerci .
Scrivere sulla e della professione, narrare storie nelle quali gli assistenti sociali possano raccontare, ciò che accade loro “in orario di lavoro”, i casi unici, le storie destabilizzanti, quelle indimenticabili e quelle che non avremmo voluto conoscere, è un’attività capace di produrre una pluralità di effetti benefici.
In primis rafforza il senso di appartenenza degli operatori alla comunità professionale e sostiene la loro tenuta emotiva rispetto ai complessi contenuti della professione, dall’altro consente di avviare una sorta di “contradditorio” con l’opinione pubblica, ciò che noi abbiamo qui definito con il termine contro-narrazioni.
Solo attraverso la dimensione narrativa è infatti possibile divulgare e dare informazione sulla reale dimensione della complessità sociale ed umana con la quale gli a.s. vengono in contatto, senza venire meno agli assuntideontologici che impongono agli operatori una sorta di doveroso silenzio. Ci riferiamo al segreto professionale, alla privacy, ai dati sensibili, alla tutela dei soggetti fragili ed al timore delle rivalse da parte di soggetti altri.
Per realizzare tutto questo è necessario ricavare degli spazi temporali all’interno dei quali gli assistenti sociali possano produrre narrazioni ma anche apprendere la scrittura narrativa, che per molti aspetti si differenzia da quella professionale che siamo abituati ad utilizzare.
Tale spazio è la formazione, una formazione di tipo riflessivo, da affiancarsi a quella classica dei saperi scientifici. Gli eventi formativi condotti con metodologie narrative (storytelling, metodologie autobiografiche, scrittura creativa, e quant’altro) consentono infatti di creare condizioni ottimali affinché gli a.s. elaborino in maniera creativa i contenuti professionali e li traducano in storie/racconti.
Le storie prodotte potrebbero essere, almeno in parte, pubblicate e divulgate.
Per rafforzare un’immagine realistica e positiva dell’assistente sociale., da tempo Coeso SdS Grosseto, oltre a favorire eventi formativi di cui sopra, sta producendo materiali di vario genere.